GIUSEPPE DUCROT ( Roma 1966 Wikipedia 🇮🇹) Bassorilievo bronzo oro 24k “Eucarestia “

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Descrizione

Foto originali del prodotto offerto in ottime condizioni , lievi graffietti sul plexiglas niente di che

Dimensioni bassorilievo 20 x 32 cm

Plexiglas 30 x 48 x 4,5 cm

Tiratura limitata 19 / 75

Peso 5 kg

Bassorilievo in bronzo patinato oro 24k realizzato secondo procedimento di fusione a terra presso il laboratorio artistico Farbel di Giuseppe Belotti in Erbusco, Brescia

Biografia

Giuseppe Ducrot ( Roma 1966 )

È uno scultore eclettico, ascrivibile al movimento anacronista, tra i più significativi interpreti dell’arte contemporanea.[senza fonte] Vive e lavora a Roma. La sua carriera artistica comincia con la pittura a tempera[2], il disegno in bianco e nero e i ritratti a pastello dal vero dei suoi commilitoni, eseguiti durante il servizio militare, dove emerge una forte caratterizzazione psicologica[2]. All’inizio degli anni ’90, dopo anni di sperimentazione, frequenta lo studio di Vito Cipolla[2] e mostra uno spiccato interesse per l’ambientazione spaziale, che lo porta a breve a passare dalla pittura alla scultura. Scolpisce il marmo e modella l’argilla[2]. Con la tecnica della fusione a cera persa esegue nel corso degli anni bronzi di straordinaria fattura che sembrano mimare modelli di età remote come l’età romana imperiale o quella ellenistica[2]. Realizza alla maniera barocca e secondo la lezione del Bernini, ma con tecniche attuali, figure mitologiche e di santi[2]. I suoi manufatti non sono tuttavia il frutto del lavoro di un copista, ma il risultato di una complessa operazione di sintesi culturale, insieme concettuale e provocatoria.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1995 esegue il busto di Marco Aurelio per la facciata del Museo Borghese[2]. Nel 1996 esegue l’Erma di Ninfa (Fontana delle mammelle a Piazza Capo di Ferro a Roma) e nel 1998 un vaso bacchico e due cornucopie per lo scalone del Museo Borghese. Del 1999 è il busto-reliquiario in bronzo di San Filippo Neri per la Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini (Roma) e del 2000 l’altare, l’ambone, il trono e la statua di San Benedetto per la Cattedrale di Norcia[2]. Nel 2003 gli viene commissionato il Monumento a San Benedetto per la città di Cassino. Nel 2009 la Congregazione dei Padri Rogazionisti gli commissiona la statua di Sant’Annibale Maria Di Francia, da collocare in una nicchia esterna della Basilica di San Pietro. Si tratta di un’enorme opera, di circa 19 tonnellate, alta oltre cinque metri, scolpita da un unico blocco di marmo bianco Carrara di ben 60 tonnellate, che è stata inaugurata da papa Benedetto XVI nel luglio 2010[2]. Nel febbraio 2011 vengono inaugurati inoltre l’altare, l’ambone ed il crocifisso per la Cattedrale di Noto[2]. Scrive Flaminio Gualdoni: «Non c’è nostalgia nell’opera di Ducrot, non cinico gioco citatorio. Egli vive il senso profondo della continuità storica come fattore naturale, incontrattabile della pratica: soprattutto, non ammette un’arte che per farsi riconoscere attuale si restringa entro il virgolettato intellettuale, il discorso indiretto, il riduzionismo comunque pop».

Vittorio Sgarbi, in Il Giornale, 10 dic. 2005, pag. 27
L’UMILTÀ DI DUCROT

Chi entra oggi nella cattedrale di San Benedetto a Norcia, ha la sensazione di vedere in quella chiesa una serie di elementi storici barocchi (l’altare, la sedia episcopale) e una serie di elementi di gusto berniniano, che sembrano approdati lì nel corso dei secoli. Ebbene chi ha questa sensazione sbaglia completamente: le opere che vede non sono opere barocche, ma una condizione stilistica scelta da un artista originale e capace di imprevedibili invenzioni. Mi riferisco a Giuseppe Ducrot che, nel momento in cui scoppiavano in Italia le polemiche, da me anche alimentate, sulla inopportunità di inserire altari nuovi in chiese storiche, fu scoperto dai Benedettini di Norcia. Fu proprio il mio suggerimento di cercare uno scultore antico a cui affidare gli apparati effimeri, gli arredi, le sedie, a far nascere il caso. Questo scultore antico per fortuna c’era, c’è e si chiama Giuseppe Ducrot. È un artista che sembra aver ripreso il suo impegno e il suo lavoro là dove si è fermato Gian Lorenzo Bernini; e quindi con una forma mossa, con un gusto straordinario nei dettagli e una corrispondente capacità di esecuzione, Giuseppe Ducrot può, in una chiesa, inserire un candelabro, inserire un pulpito, inserire un altare che sembra consacrato dalla storia.

Lo si diceva qualche giorno fa con l’architetto Marco Romano, parlando della casa di Beppe Fenoglio in Alba: ciò che gli architetti non vogliono fare è l’atto di umilt à di non segnare il loro stile e il loro tempo con un’architettura perfettamente riconoscibile, e dove ci sia una lacerazione, avere viceversa l’umiltà di rifare un’architettura che sia simile a quella che esisteva prima e in quello stile; una continuità e una umiltà che avrebbero salvato l’Italia da molti orrori, proprio se si fosse mortificato l’amor proprio di architetti che volevano a tutti i costi sottolineare (quanto più operavano nei centri storici) la loro identità e invece avrebbero dovuto farlo in quelle periferie urbane lasciate nella più terribile sciatteria e dove, al contrario, gli architetti non sembrano degnarsi di dare prova del proprio stile e della propria capacità.

Ebbene, anche uno scultore, spesso, è troppo segnato dal proprio tempo; essere capaci di liberarsene e con una intelligenza formale assolutamente libera, riprodurre una cosa come sarebbe potuta essere, è la capacità rarissima di uno scultore come Giuseppe Ducrot, che ha compiuto la sua opera nella cattedrale di San Benedetto a Norcia.

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